Remigio fio, Le braccia mie per tutto il letto intorno, rentino. Ne trovandovi te, cacciaro il sonno
Le paure e gli orrori, e sbigottita Mi lancio fuor de le tradite piume, E del vedo!o letto, e come il sonno M'avea sparsi i capei, così gli svelfi, E mi percossi ad ambe mani il petto: E perch' encor nel ciel lucea la luna, Guardo s'io veggio altro che'l lido e l'acque, Ne poteron mirar quest' occhi miei Altro che l'acque e'l lido, ond'io melchina I piedi infermi (i cui dubbiofi pafli Facea l'arena, e la paura lenti) Or quinci or quindi lagrimando mosli: E mentre, ch' io per tutto il lito andava Teleo chiamando; i cavi (asli solo Mi rispondeano, e mi tornavan poi Il tuo bel
nome e la mia voce in dietro: E quante volte io ti chiamava, ed effi Tante ti richiamar, volendo quafi Porger pietosi a me dolente aita.
![[ocr errors]](https://books.google.com.mx/books/content?id=1tQCAAAAYAAJ&output=html_text&pg=RA2-PA186&img=1&zoom=3&hl=en&q=editions:ISBN3742820362&cds=1&sig=ACfU3U0fQQ0FbBaVwM-FUHelzYgeWaCzDQ&edge=0&edge=stretch&ci=495,684,9,15)
![[ocr errors]](https://books.google.com.mx/books/content?id=1tQCAAAAYAAJ&output=html_text&pg=RA2-PA186&img=1&zoom=3&hl=en&q=editions:ISBN3742820362&cds=1&sig=ACfU3U0fQQ0FbBaVwM-FUHelzYgeWaCzDQ&edge=0&edge=stretch&ci=923,864,6,15)
Ivi a l'onde vicim rimiro un monte, Ne la cui cima gli arbuscei fon rari, Che rolo dentro, ed incavato, face Pel percuoter de l'onde, a l'onde scoglio: E perch' audace mi facea e forte L'animo insieme, e la paura, c'l duolo, Vi faglio sopra, e'l largo mare intorno Intorno guardo e quindi veggio (ahi lassa Ch' i venti ancor mi ritrovai crudeli) Le vele tue tutte gonfiate, e tese Del gran
soffiar di ben rabbioso Noto. O per ch' io vidi, o che veder mi parve, Jo diventai via più che ghiaccio fredda, E mezza morta in su lo scoglio caddi; Ma'l fier dolor non mi lascið star troppo Tramortita per terra, ond' io mi sveglio, Mi sveglio dico, e con quell'alta voce, Ch' jo poteva maggior, l'amato nome
Chiamai più volte, e diffi: u fuggi, o Teleo, O Tefeo fcelerato; eh torna, e volgi La nave in dietro, che vi manca quella, Che per
suo merto non mancar dovrebbe.
Io dicea questo, e quel che poi la voce Esprimer non potea, l'espresse fore Il percuotermi tutta, e furon miste E le percosse, e le parole insieme. E fe pur forse non udivi, io feci, Perche vedefli almen, scagliando in aria Ambe le braccia, a la tua nave il legno. Dipoi legai sopra una lunga verga I miei candidi veli, a' tuoi compagni Ed a te crudo ricordando, ch'io Era restata in su l'arena sola: Ma poi, ch' e gli occhi miei (lafra) fu tolto Il poterti veder, poi che spartite Furon le vele, allor disciolsi a gli occhi L'amaro pianto, e queste luci meste Si feron per gran duol bagnate e molli, Che dianzi fur così languide e inferme. Mà che potevan far quest' occhi miei Altro che lagrimar me ftesla, poi Che di mirar le vele tue finiro ? Ond' io men giva scapigliata errando Qual Baccante, che mentre a' facri altari Di Bacco, i vori, e i sacrifici porge Da lui commoffa, infurista corre O riguardando il mar, fopra una pietra Gelata mi fedei pallida e imorta, E non men safio fui, che faffo il seggio. Spesso ritorno al letto, il quale aveva Si dolcemente noi la fera accolto, Mà non doveva poi renderne all' alba Ambi noi insieme, e come io posso tocco In vece tua, le tue vestigia belle; E quei panni felici abbraccio e bacio, Che le tue membra fer tepidi, e caldi, E co' larghi miei pianti, il bagno, e dico:
Xemigio fio: Tu pur n'avesti due, rendine due! rentino.
Perchè non siamo a la partita insieme, Si come insieme a la venuta fummo ? Dove è gita di me, perfido, ingrato, E crudo letticiuol, la miglior parte?
![[ocr errors]](https://books.google.com.mx/books/content?id=1tQCAAAAYAAJ&output=html_text&pg=RA2-PA188&img=1&zoom=3&hl=en&q=editions:ISBN3742820362&cds=1&sig=ACfU3U36xr0wbaxB25IUxl2_6cLpZGzCaQ&edge=0&edge=stretch&ci=923,829,6,14)
Che debb' io far? dove n'andrò sì fola? L'isola è grande, e non fi scorge in lei Umani alberghi, o lavorati campi, E d'ogn' intorno ne circondan l'onde, Ne ci è nocchiero alcun, ne legno veggio Che folchi il mar per sì dubbiofe vie: Mà presuppongo ancor, che i venti amici Avessi al mio viaggio, e l'onde in pace, Spalmata nave, e compagnia fidata, Dove volger mi deggio ? oimè, che gire A la mia patria, la mia patria niega : E ben che 'l mar mi fia tranquillo, e i venti Mi sien secondi, io nondimen mai feinpre Sarò sbandita, e non mi lice (ahi lassa) Il veder più la poco a'mata Creta, Che di cento città sen va superba, E dove prese il sommo Giove il latte: Perche'l mio padre, e la mia patria, dove Il giusto padre mio lo scettro tiene, Per mio fallire ho violata, e fono Stati traditi i duoi sì cari nomi; Ed allor gli tradii, quando io ti diedi Le fila, che ti fur fidata duce, Ch'entro a sì cieco e periglioso loco Tu vincitor non rimanessi vinto, Ne vi lasciafli e la vittoria, e l'alma; Allor, che tu crudel dicevi : io giuro Per gli stessi perigli, a cui mi deggio In breve offrir, che mentre ambi faremo In vita, cu farai mai sempre mia. Ecco, che noi fiam vivi, e non lon tua, O Teleo crudo, se perd si deve Chiamar viva colei, che morta giace Da l'empio inganno del marito infido;
![[ocr errors]](https://books.google.com.mx/books/content?id=1tQCAAAAYAAJ&output=html_text&pg=RA2-PA188&img=1&zoom=3&hl=en&q=editions:ISBN3742820362&cds=1&sig=ACfU3U36xr0wbaxB25IUxl2_6cLpZGzCaQ&edge=0&edge=stretch&ci=6,1058,5,14)
Piacelli al ciel, che con l'istessa mazza, Che tu togliesti al mio fratel la vita, Tolta l'avelli a me dolente ancora, Chè quella fe, che tu m'avevi data, Saria morta per morte, ed un sepolcro Avria chiusa la fe, le membra, e'l foco! Oimè, ch' adesso e' mi lovvien quel ch' io Deggio soffrir, e non pur questo solo, Mà ciò, che può patir negierta donna; Già mille forme entro al mio petto (ahi lassa) Di morte accolgo, ed è minor tormento De la dimora del morir, la morte, Già mi par di veder or,quinci, or quindi, Lupi venir, che con l'ingordo dente Straccin le membra mie; e questa terra, Chi ne l'accerta? oimè forle produce Crudi leoni, ed arrabiate tigri, E de l'onde escon fuor marine belve, Quant' alcun dice; ma chi vieta; ch'io Non fia dal ferro di qualch' uno strano Acerbamente e trapassata e morta? Ma questo il fin faria di molti affanni, Ed ogni inorte sosterrei, pur ch'io Non fia da qualchedun condotta schiava D'aspre catene amaramente cinta, Che trar mi faccia qual negletta ferva Lo stame vil da la conocchia grave, Che del gran Minos son pur figlia, e'lono De la figlia del Sol dal ventre uscita : E quel, che più ne la memoria tengo, E ftimo piu, ti fon pur stata sposa, E s'ho veduto l'onde, e i lunghi lidi, E da' lidi, e da l'onde, insulti aspetto: Sol mi restava il ciel, ma temo l'ire De le stelle crudeli, e son qui sola Reftata cibo a l'affamate fiere: E le qui dentro pur qualch' uomo alloggia, Io non mi fido, ch' una volta offesa Col proprio esempio e con l'istesso danno Ho'mparato a temer gli uomini strani.
![[ocr errors]](https://books.google.com.mx/books/content?id=1tQCAAAAYAAJ&output=html_text&pg=RA2-PA189&img=1&zoom=3&hl=en&q=editions:ISBN3742820362&cds=1&sig=ACfU3U2ZuDtxR4T6NU3rAN-bW31bJgyyvA&edge=0&edge=stretch&ci=497,821,6,12)
Kemigio fior O volefselo il ciel, ch' Androgeo morto rentnio,
Unqua non fuffe, chè tu trista Atene
Non avresti già mai pagato il fio (Con la morte de' tuoi) de la sua morte, E tolto non avresti, o Teseo crudo, Col nodoso troncon l'alma al mio frate: Ne le fila t'avrei date per duci, Cui' raggirando a le tue mani intorno
Ti ritornasser drittamente al varco; Ma non mi meraviglio omai, che tua Fosse l'alta vittoria, e che la belva Biforme per tua man restasse morta, Chè ben che'l petto non coprisli d'arme, Non ti poteva trapassare il core Col duro corno, e vi portasti teco I duri sassi, e l'adamante, e'l ferro, E durezza maggior, perch'al tuo petto Il ferro cede, e l'adamante, el falso.
Ahi sonno, ali sonno tristo, ahi sonno crudo, Perche mi fefti (oime) cotanto pigra? Ma io dormir doveva una sol notte, Che fosse stata a' dolent' occhi eterna: O crudi venti, che si pronti e levi, E sì veloci ne' miei danni fuste; Ahi cruda man, ch' al mio fratello-ai tolto La vita, or me sì crudamente uccidi; Fede crudel, che col tuo nome vano Ingannasti colei che poço accorta E troppo amante ti fi diede in preda. Contra me dunque an congiurato insieme La Fede, il Sonno, e'l Vento, e da tre Dii Stata tradita son donzella inerme, Cieca, perduta, innamorata , e fola.
Adunque io non vedrò ne la mia morte Di mia madre pietola i pianti pii, E non avrò chi con pieta mi chiuda Le luci mie ne la mia triste fine ? E lo spirto infelice errando andralli
« AnteriorContinuar » |