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Chiabrera.

Giabrello Chiabrera, geb. zu Savona, 1552, geft. 1638, ist einer der berühmtesten lyrischen Dichter der Itas liåner, in der höhern sowohl, als in der leichtern Gattung. Der erste Band seiner Gedichte enthält unter andern drei und sechzig Canzoni Sacre, meistens an die Mutter Gottes und andre Heilige gerichtet. Folgende Hymne an den heil. Stephanus scheint mir darunter eine der besten zu seyn.

PER S. STEFANO.

Se degli avi il tefor, che ficcome ombra
Se ne fparì veloce,

Or con felici esempi

La mano empieffe a' fervidi nipoti;
Io ful monte, che a l'ombra

Di Vai l'antica foce,

Certo ch' ergerei Tempi

A te, facrato Stefano, devoti;
E da' remoti monti, ove natura
Più vaghi marmi indura,

Tarrei colonne, e mille fregi illuftri,
E dotti ferri dalle fcuole induftri.
Quanti per lo Tirren forti nocchieri,
O che vaghi d'onore,

O che di merce avari,

Arando van gli occidental confini;

Quanti da' regni Iberi

Piegan l'umide prore

Negl' Italici mari,

Da lunge i tetti mirerian divini!
El quivi inchini al tuo favor celeste
Per le ofcure tempefte

Pregheriano a' lor corfi aure ferene
Sacrando voti in fulle patrie arene.

Ed

Chiabrera.

Chiabrera. Ed allor forfe in rimembrar tuo nome
Sorgeria lugo il fuono

De i tuoi martir cocenti,

Che virtù fomma a favellar m'invita;

E fi direbbe, come

Simile nel perdono,

E primier ne i tormenti,

Spirafti in terra, al tuo Signor, la vita;
O tu rapita da furore inferno
Stirpe Giudea, che fcherno,

Che ftrage fefti obbrobriofa ofcura
Dell' Alma Santa, immacolata e pura?
Qual per degli occhi altrui ftrano diletto
Se in teatro fi chiude

Tra' rei veltri fuperbi

Cervo innocente e miferabil fera,

Or al franco, or al petto

Sent' ei le labbia crude,

Nè quei ceffano acerbi:

Finchè f'atterri lacerato, e pera;
Tall dall' altera Solima fofpinto
Tra mille piaghe estinto

Stefano cadde in ful terren fanguigno,

Spirito facraciffimo benigno.

Che tra il furor delle percoffe amare

Alzò gli occhi cortele,

E con alma tranquilla

Sovra i duri uccifor pregò clemente.
Veracemente un mare

D'ingiuriofe offefe

Spegner non può fcintilla

In alma pia di caritate ardente:
E veramente da i fuperni giri
Entro ingiufti martiri

Non lafcia anima Dio fenza mercede;
E qui raggiri il cor, f'altri nol crede.
Ecco i macigni, onde f'apriro in fiumi
Le vene elette e belle,

Che del bel fangue afperfi

Or fanfi cari in fua memoria e fanti;

Ecco

Chiabrera

Ecco che incenfi e fumi

Sen volano alle ftelle,

E fuoni almi diverfi,

E verfi n'alza il Vaticano e canti;

Duci, Regnanti a venerarne il giorno
Guidano pompe intorno,

E feco il Mondo riverente adora

Gli Altari e'l Tempio, che di lui f'onora.
Ed ei del Ciel tra' fiammeggianti lampi
Trascorre almo le cime,
Fulgidiffimo in fregi

D'ammirabile porpora contefti;
La per Eterei campi

Trionfator fublime

Guida eferciti egregi,

Invitti al Mondo entro martir funesti.
Gaudj celefti, che nè forte affale,
Ne spegne ora mortale,

Lunge divifi dul piacer terreno,
Di dolce involto, e d'amarezza pieno.

Men

Menzini.

Menzini.

S. B. II. S. 135.

Das erste Buch seiner lyrischen Gedichte besteht aus zehn geistlichen Oden, nicht ohne Wårme der Empfindung und dichtrischen Schwung. Die folgende ist die erste darunter, und besingt die überirdische Glückfeligkeit, welche das Bewusstseyn der Tugend dem menschlichen Herzen schon hier auf Erden gewährt.

CANZONE.

Ben fanno i verdi poggi, e le fonanti
Selve romite, e l'acque,

Che fon le mie ricchezze Inni foavi:
A lor la Cetra confacrar mi piacque,
E fia, che tra' fuoi canti

Peso di povertà meno m'aggravi
Dunque è ragion, ch' io brami
હૈ
Col buon fpirto Tebano
Scioglier la voce arguta:
Sento qual mi richiami
Almo furor, che in vano
Un cuor Febeo rifiuta.

Là dove hanno gli Eroi fede immortale
Sola virtute è guida,

Che più degli aftri, e più del Sol rifplende:
Per quefto il cor, cui nobil fpeme affida,
Del fuo penfier full' ale

Fuor de' terreni oltraggi il volo ftende.
Su caduca Bellezza

A riguardar non prendo,
Colmo d'ardor la mente:
Che mal traggo vaghezza
Di quello, ond'io m'accendo,
Per poi partir dolente.

Nel

Nel fentiero del volgo imprimer l'orme
Non è faggio configlio;

E de' buoni è quaggiù piccola fchiera:
Che veder puoi a un fol rotar di ciglio
Cangiarfi in mille forme

La turba adulatrice, e lufinghiera.
Altri da Stigio chioftro
Della Discordia è duce,
Spargendo empio veleno:
D'Invidia orrido moftro
Altri a turbar n'adduce
Ciel di Virtù fereno.

Dunque f'io miro le fiammanti ftelle
In odio avrò la Terra,

Che' è di grand' Alme infidiofo albergo.
Deh chi mi toglie a sì funefta guerra,
E fa mie voglie ancelle

Alla virtù, per cui m'innalzo, ed ergo?
D'Alcmena illuftre prole

Chi celebrar mon ode,

Che i Moftri uccife, e vinfe?

Ei fe davanti al Sole

Opra d'egregia lode,

Che i proprj affetti estinse.

Che faria vano ancor nome d'Eroi, Se fol col braccio audace

Apportaffer quaggiufo e ftrazio, e morte:

O fplenderia nel Ciel tremula face

Cinto de' raggi fuoi

Anche Dionigi in crudeltà fol forte.
Chi regna entro le fteffo,

Quei d'invitto Valore

Coglier potrà corona:
Febo dal bel Permesso
M'è di configlio al core,
Perch' ei così ragiona.

Che, di bell' Oro al crin teffer ghirlanda?

menzini.

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