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Fulvio Testi.

Fulvio Testi.

Graf Fulvio Testi wurde zu Ferrara 1593 von gerin gen Eltern geboren; seine Talente brachten ihn aber immer hdher empor, und zulezt in den Grafenstand. Er starb zu Modena, 1646. Die Italiåner schäßen in ihm einen der vorzüglichsten Odendichter, und Crefcembeni erklärt ibn für den glücklichsten Nachahmer des Horaz; nur vermisst er in feinen Oden die nöthige Korrektheit des Ausdrucks. Auch fein Geschmack unterscheidet sich sehr vortheilhaft von der das mals herrschenden Liebe zum poetischen Schimmer und gez fuchten Wiş. * Nur war er vielleicht in seiner Nachahmung der Alten zu sklavisch, und mit mythologischen und allegoriz fchen Ideen allzu verschwenderisch. In seinen Wendungen und Bildern ist er oft sehr glücklich und'heu. Folgende Odé hat, wie die meisten von ihm, zugleich eine philosophische Richtung, nåmlich auf die bekannte Wahrheit, daß Månner von großen Verdiensten gewöhnlich in ihrem Vaterlande am wenigsten geschäßt werden.

AL CONTE CAMILLO MOLZA.

Speffo i cangiando ciel fi cangia forte,'

Camillo, e piu cortefe

Trovafi lo ftranier che'l natio clima:
D'alto valor orme leggiadre imprima

Alma, cui fempre accefe

Nobil defio di foggiogar la morte,
Gloria mai non avrà nel patrio lido.
Han poca fama e grido

I balfami in Arabia, in India gli ori;
Ma, fe paffano il mar, fon gran tefori.
Chiaro è fra noi dell' immortal fenice
Il mirabil coftume,

Che di fe fteffa è genitrice e prole;
Allor che volontaria a' rai del sole
Arde le vecchie piume,

E dal morir novella vita elice;

E

E

pur la nelle felve orientali,

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Fulvio Testi

Ove ella ha i bei natalid iv bi stone
Quafi augel der vulgar pennuto ftuolo,
Ignota fpiega e conosciuta il volo...

O fia d'invidia un pertinace affetto, or
O fia legge del fato

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Niffun profeta alla fua patria è caro.
D'Ilio prediffe il duro cafo amaro
Caffandra, e'l vulgo ingrato

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Suoi divini furori ebbe in defpitto:
Fugga il tetto natio chi gloria brama
Alata anco è la fama;

Ne giunge a lei chi dal paterno albergo
Non volge il paffo, e non f'impiuma il tergo."
Del Liguftico eroe derife i vanti.

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Italia, allor ch' ei diffe

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Trovarfi ignoto un novo mondo al mondo,

E intrepido affermò, che nel profondo

Vaft' ocean prefifle

Troppo vil meta Alcide a i pini erranti; b

Ma non fi tofto al regnatore Ibero

Aprì l'alto penfiero

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Ch' egli ebbe, a fcorno altrui, d'armati legui
Opportuno foccorfo a i gran difegni.

Gia d'invitti guerrier carche le navi,

Quafi odiando il porto,

Pronte attendean del capitan gl'imperi :

Spiravano dal ciel venti leggieri

E fol con dente torto

Mordean l'arene ancor l'ancore gravi,

Quando il gran duce in fulla poppa affifo
Tutto di fiamma il vifo

Alla raccolta gioventù feroce

Sciolfe in tal guila a favellar la voce:

Compagni, eccoci giunto omai quel diè,
Che varcando queft'onde

Facciam di regni e piu di gloria acquisto:
Non fia, per dio, chi fofpirofo e trifto
Lafci le patrie fponde,

E paventi folcar l'umide vie;

Fulvio Testi.,

Fia che a fi bello ardir fortuna arrida:
Scorta io vi fono e guida:

Novella patria vi prometto, e guiro
Sotto più ricco ciel porto ficuro.
Colà volgono i flumi arene d'oro,
D'adamanti e rubini

Mostran gravido il fen caverne e rupi:
Germogliano del mar ne i fondi cupi
Coralli affai piu fini

Di quei, che ufan pefcar l'Arabo e'l Moro,
Son le piagge piu inofpite e romite
Sparfe di margherite;

E, fi rivolga in quella parte o in questa,
Se non or fe non gemme il piè calpesta.
Voftre faran fi preziose prede,

Voi primi il vanto avrete,

D'acquiftar novi regni al mondo a Dio;
E forfe anche avverrà che il nome mio,
Trionfando di Lete,

Sia di fama immortal non vile erede;
E Italia a i voti miei poco benigna,

Quafi invida matrigna,

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Vedrò, benche da fezzo, un dì pentita D'aver negata al mio grand'uopo acta. Qualche fenfo, Camillo, hanno i miei verfi, E non prendo fenz' arte

Del gran

Colombo a rammentar le glorie
Tefferei de i miei mal veraci iftorie;
Ma contro alle mie carte

Non vo' che'l fuo velen l'invidia verfi.
A te, che del mio cor gran parte fei,

Son noti i penfier miei:

A ciafcun il fuo fin deftina il cielo,

Ne lunga etate ancora m'imbianca il pelo,

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Chiabrera.

Die heroischen Oden dieses berühmten und fruchtbaren Lyrikers findet man gleich an der Spize seiner Werke; und es sind ihrer nicht weniger als drei und neunzig. Einige darunter haben die pindarische Form; und in allen findet man wenigstens einzelne große und edle Züge, neue, oft kühne, Gedankenschwünge, und eine sehr reiche, starke und wohlklingende Sprache. Ich wähle hier nur eine der kürs zern, auf den Entdecker Amerika's.

ODA PER CRISTOFORO COLOMBO.

Non perchè umile in folitario lido
Ti cingono, Savona, angufte mura,
Fia però, che di te memoria ofcura
Fama divulghi, o fe ne fpenga il grido;
Che pur di fiamme celebrate e note
Picciola ftella in Ciel fplende Boote.
Armata incontro al Tempo, afpro Tiranno,
Fulgida fprezzi di Cocito il fiume,
Su quai rote di gloria? o fu quai piume
I tuoi Paftor del Vatican non vanno?
Coppia di stabilir sempre penfofa
La facra dote alla diletta Spofa.
E qual fentier fu per l'Olimpo ardente

Al tuo Colombo mai fama rinchiude?
Che fopra i l'ampri dell' altrui virtude
Apparve quafi un Sol per l'Oriente,
Ogni pregio mortal cacciando in fondo:
E finga quanto ei vuol l'antico Mondo.
Certo da cor, ch'alto destin non scelse,
Son l'imprefe magnanime neglette;
Ma le bell' alme alle bell' opre elette
Sanno gioir nelle fatiche eccelse;
Ne biasmo popolar, frale catena,
Spirto d'onore, il fuo cammin raffrena.

Così

Chiabrera.

Chiabrera, Così lunga ftagion per modi indegni
Europa disprezzò l'inclita fpeme,
Schernendo il vulgo, e feco i Regi infieme,
Nudo nocchier, promettitor di Regni;
Ma per le fconofciute onde marine
L'invitta prora ei pur fofpinfe al fine
Qual'uom, che torni alla gentil conforte,
Tal' ei da fua magion fpiegò l'antenne;
L'Ocean corfe, e i turbini foftenne,
Vinle le crude immagini di morte;
Pofcia dell' ampio mar fpenta la guerra,
Scorfe la
a la danzi favolosa terra.
Allor dal cavo pin fcendé veloce,

E di grand'orma il nuovo Mondo imprime;
Ne men ratto per l'aria erge fublime,
Segno del Ciel, l'infuperabil Croce;
E porge umile efempio, onde adorarla
Debba fua gente; indi divoto ei parla:
Eccovi quel che fra cotanti fcherni

Gia mi finfi nel Mar chiufo terreno;
Ma delle genti or più non finte il freno
Altri del mio fudor lieto governi:
Senza Regno non fon, fe ftabil fede
Per me f'apprefta alla Criftiana Fede.
E dicea ver, che più che argento ed oro
Virtù fuoi poffeffor ne manda alteri:
E quanti, o Sulinoro, ebbero imperi,
Che denfa notte è la memoria loro?
Ma pure illuftre per le vie fupreme.
Vola Colômbo, e dell' oblio non teme.-

A

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