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IN OCCASIONE

DIVARIE

TRADUZIONI LATINE

DELLE PRECEDENTI FAVOLE

FATTE

DA DUE ELEGANTI SCRITTORI

SONETTO

Figlie, che inculte al mondo, ed in plebei

Usciste avvolte grossolani panni,

Pur vi guatò con occhi torti e rei
Invidia, e tentò farvi oltraggi e danni:
Dite, qual man gentile ora si bei

Fregi vi die? donde i novelli vauni?
Per cui più ardite ora su i colli Ascrei
Volar potrete, e contrastar cogli anni?
Il nuovo ammanto, dalle sacre tolto
Rive del Lazio, tanto ora vi rende
Leggiadre alla favella, agli atti, al volto:
Tal verme vil, che gía strisciando il suolo,
Cangia le spoglie, e le dorate prende
Ali, e lucido spiega in alto il volo.

Pign. T.III.

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1

IMITAZIONE

DELL'EPISTOLA II DEL LIB. II

D'ORAZIO

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Questa

uesta Epistola Oraziana, ch'io presento al pubblico non è una traduzione; non è neppure rigorosamente parlando una parafrasi. È Orazio vestito all'italiana, condotto nelle nostre Società, e (soggiungerà più d'un Critico) costretto a venirci suo malgrado, trattando il mio lavoro di ridicolo e stravagante, e sostenendo, che le maniere, i vizj, le follie d'un popolo tanto da noi differente in religione, in governo, in costumi, mal si possono adattare alla moderna Italia. Aggiungerà forse esser tanto stravagante siffatta impresa, quanto sarebbe quella di chi vestisse la Statua di Cesare con abito alla francese, o coprisse la maes

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