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A L

RISPETTABILISSIMO SIGNORE

CARLO

DUCA DI RUTLAND

CAVALIERE DEL NOBILISSIMO ORDINE

DELLA GIARETTIERA ec. ec.

E VICERE D'IRLANDA

Non vi maravigliate, o Signore, se

le Muse Italiane ardiscono di alzar la voce sulle sponde del Tamigi. Voi sapete, che il loro più caro oggetto fu sempre celebrare gli Eroi, onde vengono volentieri a trovargli ove sono. La Libertà gli ha sempre produiti; e l'Italia si ri

corda ancora, quanto n'è stata feconda. E chi merita più questo nome del vostro illustre Fratello, il quale, benchè distinto co' più rari favori della fortuna, che aveva riunito in lui, e le grazie amabili della gioventù, e il rango il più elevato, e le più ampie ricchezze, tuttavia, non tenendo verun conto di sì fatti vantaggi, crede di dover cercar la gloria solamente colle proprie azioni, e corse subito per la strada più atta a procacciargliela, cioè a servir la Patria, e sacrificarsi per lei? Non v'è quasi avvenimento memorabile nell'ultima guerra,

in

cui non şiasi onorevolmente distinto, coronando poi le sue imprese con una morte illustre nella battaglia del dì 12 Aprile 1782 nella fresca età d'anni 24: morte immatura pel numero degli anni, ma non delle azioni. Queste son tali, che il

Poeta ha dovuto far da puro istorico. I colori poetici, che adornando la verità, talora quasi la nascondano, se si soffrono quando dipingono i fatti dell'età da noi distanti, non possono aver luogó innanzi ai contemporanei e testimonj oculari; fortunatamente nel nostro caso, la verità nuda è sì bella, che gli ornamenti non farebbero, che sfigurarla e coprirne delle grazie.

Offro pertanto ad un Fratello, tanto illustre nelle arti di pace, e che serve in esse sì utilmente la Patria, l'istoria delle imprese dell'altro Fratello che l'ha sì ben servita col sangue: e col più umile ossequio, ho l'onore di dirmi

Umiliss. e Obbligatiss. Servitore
Lorenzo Pignotti

Dea, non tu che le lascive chiome
Cinta di rose, fra gli aonj mirti
Giaci in languidi vezzi, e delle molli
Corde al tenero suon guidi la danza:
Ma tu che sopra dirupata balza
Di Pindo, di furor sacro atteggiata,
Fiammeggiante le gote, e nobilmente
Scomposta il crine, in maestà negletta
Siedi, e gli erranti lumi, e l'agitate
Palme inalzando al Ciel, di scuoter tenti,
E schiuder dall'anguste vie del labbro
In forti carmi il Dio che in petto volvi:
Tu che col suon della guerriera tromba
Canti gli Eroi, che per la Patria il sangue
Intrepidi versaro, ah scendi, e in seno,
Nel freddo sen vibrami un raggio amico
Di quella nobil fiamma, onde a'suoi figli
Il Nume il più benefico ai mortali
La Libertà riscalda il core, e sopra

Il suol gli leva, e rende eguali ai Numi.
Quel sacro raggio, allor che un'alma accende,
Pign. T.III.

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