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AULI PERSII FLACCI.

SATYRA I.

Ambitiosam Poetarum vanitatem, quos inter Nero, arguit Auctor. Exprobrat postea auditores, qui cevebant versus fucatos, ac molles gestus. Docet qui debeant legere suas satyras. 10 curas hominum o quantum est in rebus inane ! A 2 Quis leget haec? 3 P Min' tu istud ais ?

A Nemo 4 Hercule. P. 5 Nemo?

A. Vel duo, vel nemo: turpe, et miserabile. P. Quare? Ne mihi 6 Polidamas, et 7 Trojades 8 Labeonem Praetulerint? 9 Nugae. Non, si quid turbida Roma Elevet, 10 accedas 11 examenve improbum in illa Castiges trutina, 12 nec te .quaesiveris extra. Nam Romae quis non? Ah, si fas dicere, sed fas Tunc, cum ad caniciem, et nostrum istud 13 Vivere triste

I O curas. Fa eco all' Ecclesiaste, cap. 1. Vanitas vanitatum, et omnia vanitas. I Satirici verseggiavano senza invocare, o proporre. Così Orazio « Qui fit Mecaenas, ut nemo . . . L'Autore adottando lo stesso, tutto disdegnoso fassi a dimenare i vizj de' Poeti. É il senso Homines curant inania vanitatis gratia, tempusque perdunt absque consilio: vanae igitur cogitationes eorum.

2 Quis leget.

Eeco un dialogo fra l'Autore, ed un vero, o finto amico. L'A. significa Amico, la P. Poeta.

3 Min', h. e Mihi ne, abbreviato per l'Apocope, figura che av viene, quando nel fine della parola mancano lettere. Dee supplirsi » dícis haec?

4. Hercule. Giuramento de' Gentili. Le donne giuravano per Giunone. P. 5. Nemo? L'Autore ammira simile proposta, poicchè brama universale doveva essere di leggere le satire, perchè dirette ad emendar lo scostume; e perchè dice Plinio » Nullus est liber tam malus, ut non aliqua parte prosit.

6. Polydamas. Polidamante figlio di Panto Trojano, coetaneo di Ettore. L'Autore sotto nome di Polidamante intende Nerone. Alcuni scrivono Pulydamas per il verso.

7: Troades. Cioè, i Romani che vantavano la loro genia da Enea, fra de' quali Nerone che scrisse su la guerra Trojana, onde viene dimenato da Giovinale, mentre paragona lui, ed Oreste, e dice » In scena nunquam cantavit Orestes: Troica non scripsit.

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AULO PERSIO FLACCO.

SATIRA I.

Come i Poeti, e l'oratori Romani attendevano ad accattare ap plausi, mentre recitavano al popolo i loro poemi, e peroravano, così l'Autore dimena le loro disattenzioni nel comporre, e dichiara quali doti si richiedevano in colui che voleva leggere le sue satire.

O cure de' mondani! o quanto covano vanità! A. Chi sarà per leggere quanto scrivi? P. A me dici? A. Giuro, che niuno. P. Niuno? A. O due, o niuno sarà un onta, e ti sarà discaro. P. Perchè? Credi Neron' e Roma dislodar le mie, ed acclamare di Labeone gli scritti? Ciancie son queste; che se i Romani lode, o biasimo erutteranno, non dovrai unirti a loro, e giudicar stravolto in simil guisa; ne bilanciar chi sei con la volgar favella; poichè trovasi fra Romani ne pur uno che la dice dritta. O se mi fosse lecito dir che vorrei ; ma lecito lo stimo mentre osservo l'andamenti de' vecchi, e'l viver nosto grave

8. Labeonem. Accio Labeone poeta insulso, caro a Nerone, tradusse l'Iliade di Omero dal Greco in Latino, con poco buon successo. Dalla grossezza delle labra trasse il cognome Labcone.

9. Nugac, he, Male cogitas; vulgus enim, supple, non judicat recte. Cosi Orazio » Judice quo nosti populo, qui stultus honorem saepe dat indignis, et famae servit ineptus; e Seneca nella Tieste, att. 2, sce. 1, v. 206 » Facta domini cogitur populus suí quam ferre, tam laulare; e ciò, perchè Nerone lodava i versi di Labeone. 10. Accedas, h.e, non corpore sed voluntate,

11. Examen improbum. Giudizio stravolto. Mala bestia chiama il volgo Diogene, perchè non opra bene, se non li corre necessità. Casti gare examen significa adattarsi all' iniquo parere di un perver

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il che viene riprovato nel Salm. 49 » Videbas furem, et currebas cum eo, et cum adulteris portionem tuam ponebas; ma tuttavia si esiegue da' malnati adulatori, a danno di tanti. Examen, dice Servio, è quel traverso che tiene i lati della bilancia nel mezzo.

12. Nec te

cono gl'altri.

...

Conoscer se, non già stare a quel che ne di

13. Vivere triste. Paragona l'oprare de' vecchi, ed il suo; e per modestia parla nel numero del più. Fa tanto, perchè giovine l'Autore, doveva inveire contro lo scostume, che non è confacente, se non quando

1 Aspexi, et 2 nucibus facimus quaecumque relictis, 3 Cum sapimus patruos: tunc tunc, ignoscite. A. 4 Nolo. P. Quid faciam? sed 5 sum petulanti splene cachinno.

6 Scribimus 7 inclusi, 8 numeros ille, hic pede liber
9 Grande aliquid quod 10 pulmo animae praelargus anhelet,
II Scilicet haec populo, 12 pexusque, togaque recenti,
Et 13 natalitia tandem cum sardoniche 14 albus,

uno non è tinto della stessa pece che gl'altri giovani, e vecchi, come disse un Poeta » Ludunt et pueri, ludunt juvenesque, senesque: ingenium, gravitas seni, prudentia, ludus; in qual caso la canizie serve di rimprovero, perchè » Cani sunt sensus hominis, et aetas senectutis vita immaculata. Vivere, invece di vita, e canities per l'età senile. Metonimia. E' il senso: Cum senes, juvenesque vivant cupidi laudis adipiscendae, fas est mihi, licet juvenis, increpare malos mores; reliqui enim puerorum ludos.

1 Aspexi, h.e, cognovi.

2 Nucibus relictis. Lasciar le noci, cioè l'atti puerili, metter senno, darsi al serio. Parla della noce Avvicenna, e dimostra, che dal nuocere fu detta così, perchè nota l'effetti tristi Stomaco inutilis, dice, difficilis concoctu, tussientibus inimica, et capiti, cui dolorem

suscitat.

3 Cum sapimus patruos, h.e, quod sapiunt patrui; et sumus apti ad omnia. Davano spesso i genitori a'zii la cura de' loro figli, acciò per la tenerezza paterna non avessero trascurato l'educazione, onde Oraz. lib. 2, Sat. 3» Sive ego prave, seu recte hoc volui, ne sis patruus mihi, h.e, educator. E' il senso » Cum tantum sapere sit in nos, quantum est in majoribus, Romani, quamvis juvenis, permittite ut mála acta vestra canantur meis satyris.

A. 4 Nolo. Perchè » Obsequium amicos, veritas odium parit. Ora, dimostrandosi l'Autore come fra due, quindi l'amore di veder emendati gli sconci, quinci le premure dell' amico, dice « Quid faciam ? Risolve malgrado come siegue.

5 Sum petulanti ..... h. e. Sed natura ita me ordinavit, ut essem cachinno, quia splen petulanter commovet me ad risum. Credevano gli antichi, che dalla milza originasse il ridere, onde un Poeta « Cor sapit, et pulmo loquitur, fel commovet iram: Splen ridere facit, cogit amare jecur. Cachinno, nis si dice colui che ride a tutt'uomo.

6 Scribimus. E' terminato l'incidente che cominciò da « Quis leget haec? Con scribimus l'Autore si annovera fra quei che intende riprendere, per far conoscere, che fraternamente inveisce contro del vizio, non del vizioso.

7. Inclusi, perchè la solitudine non aliena dallo studio, onde Oraz.

adattato a tutto, da che l'attí puerili furon' obliati; e mentre in noi pari senno trovasi che negli educatori. In circostanze simili permettele, Romani.

A. Non tel permetto io. P. Che risolverò? Ma sono io dalla natura così formato, che mi conviene ridere quanto più posso. Scriviamo lungi dal consorzio, quegli in metro, e quest' in prosa, materie sublimi, il che si bram' a tutta possa per il solo fine di cantarsi al popolo, da sedia eminente, tutto gala, e con nel dito gemma sardonica, come l'anniversario del natalizio, aggiustata

« Scriptorum chorus omnis amat nemus, et odit urbem; e quindi nacque, che i fonti, ed i monti luoghi solitarj, da' poeti furono consecrati ad Apollo, ed alle Muse.

8 Numeros ille, h. e. scribit, vel componit versus; ille scribit oratione soluta; e ciò che si supplisce avviene in virtù della Sillessi. Il traduttore tanto rammemor' a' giovinetti. Dice numeros, perchè i versi sono composti di tanti piedi, o numeri, onde Virgil. Numeros memini, si verba tenerem. Con pede liber intende la prosa, di cui si disse inventore Cadmo di Mileto.

9 Grande aliquod. Può essere ironia; e puole intendersi dello stile tragico.

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10 Pulmo... h. e., quod maxima anxietate expetitur, ut voce magna enuncietur populo, laudis captandae gratia. Dice pulmo come quello che anima la voce.

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11 Scilicet haec ..... h.e. optas, ut legas qual'è il fine della vanagloria. Descrive come andavano vestiti quando recitavano al popolo le proprie, od altrui composizioni; il gestire indecente per muovere il riso, e lo sguardo impuro; del che si compiaceva l' uditorio, ed applaudiva, segno di un mal fondo in que' che brillano a veduta degli atti non onesti.

12 Pexus. Alcuni dicono Indutus veste pexa, h. e., nova, vel optima; ma siegue « togaq. recenti; adunque pexus s'intende pettinato.

13 Natalitia tandem ..... L'anniversario del natalizio, per la sollennità portava, che si dovesse comparire da sposo; e Sardonyche significa, che si fosse avuta in dono quel giorno, come si costumava; o che in quel giorno si fosse usato un tale anello. Sardonica fu detta, perchè ritrovata ne' monti Sardonici, nella Croazia, fra l'Istria, e la Dalmazia, onde l'Africani furono i primi ad usarla. Nel retto Sardonychus, ci, m, e Sardonyx, cis, m, e f, gemma di colore rosso trasparente, che inclina al bianco.

14 Albus. Può riguardare il timore della riprova del poema, е la mondezza del volto.

Sede leges celsa, liquido cum 2 plasmate guttur,
Mobile collueris, 3 languenti fractus ocello.

4 Tun' vetule 5 auriculis alienis colligis escas ?
Auriculis, quibus et dicas 6 cute perditus: 7 ohe!

8 Quo didicisse juvat, nisi hoc 9 fermentum, et quae se

mel intus

Innata est, rupto jecore, exierit caprificus?

10 En pallor, seniumque: 11 O mores! usque adeo ne
Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter?

At 12 pulchrum est digito monstrari, et 13 dicier, hic est.
14 Ten' cirratorum centum dictata fuisse

Pro nihilo pendas? 15 Ecce inter pocula quaerunt
16 Romulidae saturi, quid 17 dia poemata narrent.

I Sede celsa. Per esser veduto, ed inteso dall' uditorio. 2 Plasmate guttur. Era solito aggiustar la voce con pozione detta in Greco plasma, in Latino potio: uso contradetto da Quintiliano come siegue « Lectio sit virilis, et cum suavitate quadam gravi, non tamen in canticum dissoluta, nec plasmate, ut nunc a plerisque fit effeminata.

3 Languenti fractus. Altri patranti. Dice patranti, perchè dalI'occhio, al cuore le brame buone, e ree, onde Giob « Pepigi foedus cum oculis meis, ne cogitarem quidquam de virgine; e Quintiliano « Detrahe homini oculos, omnem cupiditatem detraxeris.

4 Tun' vetule, h. e., tu ne, per l'Apocope. Vetule voce di sprezzo al proposito.

5 Auriculis alienis. D' Auris auricula. Dall' udire l' applausi o biasmi. Auris si vuol' detta ab aura, quia, dicono, voces haurit, et ducit memoriae. E' il senso. Tu cantando populo tuos versus, exigis ab eo laudes.

6 Cute perditus h. e., usque ad repletionem, ut hidropicus; o più propriamente, come dice Lucilio « Rugosi, passique senes eadem omnia quaerunt,

7 Ohe! Esclamazione che significa « Basta, non più lodi. Così Marz. lib.4. Epigr. 37 « Ohe jam satis est, ohe libelle, jam pervenimus usque ad umbilicos.

8 Quo didicisse ....... Parole del vanaglorioso. Cosi Columella mentre parlava de' tesori occulti « Abdita quid prodest pretiosi vena metalli, si cultore caret? Quos, altri, quid, h. e., ad quid, vel quid juvat scire, si nemo scit tuum scire ?

9 Fermentum, h. e., hoc scire causa cupiditatis gloriae quae non est dissimilis caprifico, cujus radices cum elongantur

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