Della santa palude, E s' inteser da lui parole crude: “Anzi che perder te, giovin pastore, "Quanti si può di quei "Che sol con ventre ingordo, "D'ingegno sozzo e lordo, "Osano a rampicar nel chiuso ovile ! "Su gli occhi lor mai non lampeggia il cielo ; 66 Ma, al banchettar delle tosate lane, "Fanno oltraggio ai più degni convitati; "(Oh senza lume! oh bocche, oh gole immonde!) "Nè prendono il vincastro, nè pur sanno "La millesima parte delle cure "Che sente un buon pastor santo e fedele. "Oh, vane mie querele! "A lor che tocca ?-gente sorda e bassa! "Ne' lor sciocchi diporti oziosi stanno, aspro-stridenti "Su zampogne di strame menait "Tintin suonando con lor folle nota. "Alzano in su le smorte pecorelle 7 "Famelici gli sguardi, "E a passi pigri e tardi "Erran pasciute sì, ma sol di vento; "E marce dentro, e infette, ed ammorbate 66 'Spargon peste mortale e maladetta : "Altre di giorno in giorno adugna il lupo "Colla zampa sua ladra, e non veduta ; "Nè di lor si ragiona. "Ma-sospesa la vedo "Sento l' orrido palco e la bipenne3— "Su la porta è l'acciaro-ahi! cade giù Pronto e a ferir. 66 ferir -e non mai più.” Ritorna, Alfeo,9 ritorna; E' spenta già la formidabil voce, Che in su la sacra foce Il tuo fiume scemò, ne strinse il corso: E tu, Sicula Musa, Ritorna pur, e tu le valli invoca, Ch' esse, al tuo molle invito, Spargan da frondi e fiori Mille più scelti odor, mille colori. Oh voi, valli riposte, ermi ricetti Di freschi zeffiretti E di vaghi ruscelli mormoranti! Voi, nel cui fresco grembo La roggia stella, d'atre macchie tinta, Porta sguardo sinistro Quivi intorno spargete Vostri occhiuti fioretti Del più variato smalto rabbelliti, Che su l'erbetta umíle, All' apparir d'Aprile, Spuntan satolli di melati nembi; Ah, qui intorno spargete La primula, che nasce disïata, Ma muore abbandonata, La smorta mammoletta, Col gelsomino la muschiata rosa, E con testa pensosa Lo pieghevol verbasco, e 'l biancheggiante Garofano, e'l giacinto, E ogni altro fiore ornato Di note luttuose ricamato. Deh, dite all' amaranto Che sue più belle spoglie tutte versi, E all' asfodel, che in calice raccoglia Sua cristallina doglia; Su la bara di lauro incoronata D'ogni più caro fiore Spargete le reliquie del pastore. Così, per ricrear l'afflitta mente, Lo mio stanco pensiero Si lasci vaneggiar, lungi dal vero. Mentre, oimè! sì lontano Ti trasportan del mar le onde sonanti, Ovunque le ossa tue sien scosse, o sparte, Sia dalle Ebridi lungi tempestose, U' forse, sotto agli affollanti flutti Vai visitando il fondo |